martedì, aprile 04, 2006

Intervista a Rocco, il mio cane. Argomento libero, in luminoso pomeriggio di marzo. Parte 2


P- Esattamente. Cosa pensi, da animale non vittima di macellazione, della scelta di non nutrirsi di animali?
R- Beh, innanzitutto esistono mille tipi differenti di macellazione. Abbandonare un cane per strada dopo che ha vissuto tutta la sua vita con degli umani è lasciarlo alla macellazione, ad esempio, la fagocitazione da parte di una società “dell’ usa e getta”.
Per entrare nello specifico della tua domanda, in realtà ogni scelta dettata dall’amore e dal buon cuore delle persone è una scelta da ammirare. Se voi esseri umani potete vivere tranquillamente senza la carne, così come possiamo noi cani, e potete scegliere di non nutrirvi di carne, perché nutrirsene allora? Io personalmente continuo a non capire questa differenza tra animali “commestibili” e non, fa parte di un retaggio culturale, differente in ogni società, ma se qualcuno vuole vedere qualcosa di assoluto in questo allora cade in errore, classifica, forma gerarchie, ricade nel modello antropocentrico di cui parlavamo prima, ovvero l’uomo al centro e tutto il resto che gli gravita attorno: noi cani che gli gravitiamo attorno su di un’orbita particolarmente vicina, le cosiddette bestie da macellazione un po’ più lontane, gli insetti ancora più lontani..
Con questo capisco benissimo un essere umano che cacci per sopravvivere, che cacci per sfamare sé stesso e la sua famiglia, ma la vostra società è così complessa che modelli così semplici non esistono più. E’ tempo che si comprenda la parità tra tutti noi animali, la parità tra noi animali e l’animale uomo, tra l’uomo ed ogni singola cosa sulla terra. Questa secondo me può essere evoluzione.
Ho fame, tra l’altro, e penso che dopo questa intervista mi spetti di diritto almeno un biscotto..

P- Questo è sicuro. Ma ti chiedo di pazientare ancora. Tocco l’ultimo, grande argomento: tu credi in Dio?
R- Aspettavo qualcosa del genere. Con tutto il rispetto per voi uomini, io non comprendo ciò che voi intendete con il termine Dio. Ma butto lì qualche supposizione.
Non è sufficiente forse questo mondo meraviglioso, ma anche le piccole cose di ogni giorno, nonché il voler bene, e con questo semplice termine intendo l’apprezzare veramente ogni dettaglio del mondo, per gioire ed essere felici? Forse tutto questo non potrebbe essere un buon Dio? Attenzione non essere opera di un buon Dio, ma essere realmente qualcosa che può essere chiamata essa stessa Dio?
Io penso che l’idea di Dio come qualcosa di superiore, superiore a tutto e all’uomo stesso sia figlia del modello che ho criticato prima, e che riprendo per l’ennesima volta: l’uomo al centro, tutto il resto attorno a lui, in rigorosa gerarchia. Ma l’uomo si accorge ben presto che non è onnipotente, che per quanto abbia molti mezzi non possa tutto, ed allora, abituato a classificare, ad appunto gerarchizzare, crea qualcosa sopra di lui, qualcosa che invece non ha limiti, qualcosa da adorare e di cui avere paura. Invece di cercare di mettere tutto alla pari, insiste con il creare scale e scalette di importanza.
Non solo. L’uomo si crea tutto, si crea un mondo complesso attorno a sé, un mondo con sempre più cose. Non è solo lui, l’uomo, ma è anche in quanto ha un nome, un lavoro, una posizione sociale, una bella casa, un’auto potente. Noi cani non abbiamo nulla, nulla se non noi stessi, solamente possiamo o meno avere l’amore di chi ci sta attorno, e che noi diamo senza pretendere nulla in cambio. Ma in realtà cosa possedete realmente voi uomini, cosa avete che non potrete perdere mai se non voi stessi?
Quello che intendo dire è che più cose hai, più ne vorresti trasportare con te dopo la morte. E non parlo solamente di beni materiali. Agire in un determinato modo, anche costruttivo socialmente, per molti uomini è un atto dovuto per acquisire una posizione privilegiata anche dopo la morte, non semplicemente il modo migliore di agire per fare sì che il numero maggiore possibile di esseri possa sperimentare un’esistenza felice già qui, già nel presente.
L’agire una intera vita dando per avere, agendo per conseguire qualcosa in questa vita porta a pensare che anche questo sia l’atteggiamento da tenere nei confronti della morte e di colui che sta sopra anche alla morte stessa, cui si dà il nome di Dio. Un comportamento del genere è solamente un’espressione tipica dell’avidità, una caratteristica tipicamente umana.

P- L’avidità, già, altro grande problema di cui parlare.
R- Anche questo problema tipicamente umano; certo, noi siamo avidi quando mangiamo, avidi di cibo, quanto è bello mangiare! Ma una volta che ho finito sono felice, non voglio nient’altro. Voi invece vi caricate, vi caricate di cose attorno, con che risultati poi? Paura, odio, frustrazione..

P- Quindi tu ti senti di dire che non credi in un creatore? O in qualcosa dopo la morte?
R- No, mi sento di dire che l’esigenza anche solo di cercare un creatore è tipicamente umana.
Perché bisogna fare differenza tra creato e creatore? Perché? Non possono essere la stessa cosa? Il tutto non può semplicemente esistere e basta? Non è già meraviglioso così? Questo qualsiasi cosa possa accadere dopo la morte. In fondo tutto ha un inizio ed una fine, e l’uomo non pare proprio accettarlo. Basti solamente osservare la differenza nell’accettare il dolore tra un uomo ed un cane. Un cane soffre silenziosamente, in un angolo, accetta la sofferenza come una condizione naturale, inevitabile, ed accetta anche la fine senza alzare la voce.

P- Molto interessante questo spunto. Un'ultima cosa sul discorso religione: molte tue idee sono vicine ad alcune idee buddiste, lo sottolineo da persona che ama studiare e tentare di praticare il buddismo. Come forse tu non sai alcune scuole buddiste sostengono la possibilità della reincarnazione dopo la morte, ed anche del passaggio tra specie, come un cane che si reincarna uomo e viceversa. Ti piace come idea?
R(scodinzolando)- Mah, ora un po’ fame e riflettere su questi argomenti complessi mi risulta un po’ difficile. Inoltre penso, perché chiederselo ora? Magari sì, qualcosa di noi viene conservato dopo la morte, e torna a vivere.. Magari solo qualcosa.. Fatto sta che se dovessi reincarnarmi uomo mi piacerebbe conservare una parte del cane che sono..
Il fatto è che alla base di questa idea c’è sempre una concezione di tempo assoluto: nasciamo, moriamo, ci reincarniamo, ri-moriamo, ed intanto il tempo continua a passare, da un inizio ad una fine. Come ho già detto questo bisogno incredibile di un inizio ed una fine e la paura stessa associata alla fine è tipicamente umana. E se morendo trascendessimo anche l’idea di tempo? Se non ci fossero più un prima ed un dopo, un inizio ed una fine?
Ti lascio con questa domanda.

P- Sei stato fin troppo paziente e gentile, ora è tempo di merenda.
R- Meno male!
(e galoppa fino alla sua ciotola)


paulo