venerdì, dicembre 07, 2007

Il cubo - (da gli anarcobuddisti, appendice 2)



Jona sta lavorando sul portatile in camera.

Sono seduto sul divano. Solo. Ho sonno. Non ho voglia di fare nulla, questa nuova vita di meditazione ed autodisciplina, nonché di astinenza sessuale mi stanca più della precedente. Non so quanto durerò.

Mi addormento di botto.

Devo andare alla stazione con una Golf blu scura, modello vecchio prestatami da mia zia. Lei mi aspetta là, dove io le restituirò la macchina e prenderò il treno per andare a trovare mia madre. Dovrebbe esserci anche un mio amico che mi aspetta alla stazione, Enzo.

Trovo parcheggio vicino all’entrata, saranno un centinaio di metri. Che culo, il parcheggio lì è pure gratuito.

Lascio la macchina ed entro in stazione, dove mia zia mi aspetta con Enzo. Le do le chiavi. Il treno è alle 17:18, ho ancora tempo. Esco e la accompagno alla macchina. Ma la macchina non c’è più. L’hanno rubata in 15 minuti.

Come è possibile? Forse ricordo male dove l’ho parcheggiata. Giriamo un po’, Claudia è nel panico. Io pure. La macchina era lì, e ora non c’è più. Dovrò ripagargliela. Sono disperato, mi viene da piangere, la zia sta già piangendo. Enzo mi aiuta a cercare la macchina, ma era lì, ed ora non lo è più.

Mi impegnerò a ripagargliela. Questo è un grosso, grossissimo casino. Non mi è mai capitata una sfiga del genere. Non ci vedo nemmeno bene. Inizio a girare per la città, sono vicino al quartiere più malfamato, ma non ho paura. Figuriamoci, io sono l’ultimo degli ultimi.

La strada è sterrata, le case diroccate. Non pensavo esistessero strade non asfaltate in questa cazzo di città. Le case qui sono proprio baracche, davanti a me c’è una fabbrica abbandonata. Poca gente in giro, quasi nessuno.

D’improvviso una macchina scassata blu, non so nemmeno identificarne il modello, mi passa accanto ad una velocità folle per quel posto. Derapa in una curva a sinistra poco avanti a me, e si arresta di botto in uno spiazzo terroso. Mi viene in mente che sia inseguita.

Scende un tizio di corsa, brizzolato e grassottello sulla cinquantina, con una scatola di cartone in mano. Corre come se avesse il diavolo alle calcagna, nella mia cazzo di direzione. Mi passa accanto con la scatola, e la passa ad un tizio che si è materializzato tre metri alla mia sinistra, forse uscito da un vicolo lì vicino. E’ anche lui di mezza età, è alto e con gli occhiali scuri. Sono esterrefatto dalla scena bizzarra, non penso nemmeno più al furto di prima. Potrei trovarmi in mezzo ad un casino, ma non ho paura in quel momento. E’ una scena da film.

Quando il buddha brizzolato incontra l’altro tipo, quello con gli occhiali scuri, si ferma di botto e gli consegna la scatola, ma è aperta e qualcosa cade e rotola nella mia direzione. Ovvio che potrei farmi i cazzi miei, ma non ci sono portato. Mi avvicino all’oggetto. Che è? Metto a fuoco.

Un cazzutissimo cubo di Rubik. Perché cazzo c’è un cubo di Rubik per terra davanti a me? Basta, lo raccolgo. In un attimo ce l’ho in mano. E’ risolto. Guardo la faccia tutta gialla del cubo che ho in mano.

Il cicciottello intanto viene verso di me, che ho in cubo in mano. Si ferma a circa un metro e mezzo avanti a me. Guardo lui. Guardo il cubo. Guardo lui.

E capisco.