lunedì, giugno 26, 2006

Scrivere della vita e dell'immaginazione...


Purtroppo l’avidità ed il ritmo frenetico della società del consumo della quale faccio parte fa sì che il mio tempo sia limitato, talvolta concentrato in un’autodifesa circoscritta per non subire dipendenza alcuna né farmi travolgere dalla sindrome dello schiavo inconsapevole.

Allora mi nutro della libertà che ho a disposizione, di quella che non si vende al discount anzi non si vende proprio, e attendo di trovare quel tempo, seduto sul balcone di casa mia accanto al bonsai che cresce abusivo direttamente dal pavimento del terrazzo, sfidando ogni legge della natura nonché questo caldo porco, nel quale inforcare la biro e cercare di utilizzare l’inchiostro nero con la massima originalità diviene spontaneo come lo scrosciare di una cascatella di un torrente di montagna, dove l’acqua non si trattiene in alto, ma si lascia dondolare fragorosa verso il basso e verso la sua destinazione. Così l’inchiostro può trasformare una macchia in una testimonianza permanente di una vita impermanente, in un linguaggio codificato e limitato che pur tuttavia può trascendere il suo scopo, i suoi limiti, il luogo che descrive.

Per scrivere io intendo portare avanti “Cinque stelle”, che come primo intento volevo comparisse “a rate” sul blog, ma l’intenzione supera la ragione, e devo desistere. Lo continuerò accanto al mio bonsai, senza fretta, respirando l’aria buona della mancanza di vincoli alcuni. O nel caos onirico.
Ma sono fiducioso.

Nel frattempo uso il blog in quanto blog, e mi lancio nella nuova avventura delle interviste, dopo quella a Rocco avvenuta in un estatico pomeriggio di primavera. La prossima vittima sarà Onesto, ed a differenza di Rocco lui risponderà alle domande senza passare attraverso il mio filtro cognitivo.

Nel frattempo la ricerca della mia personale libertà è passata anche di qui: http://www.buddhanet.net/ dove c’è tantissimo materiale da scaricare (libri su libri), solamente in inglese però, maledetti imperialisti! (i sogghigni…)
Ad esempio ventisei (ventisei!) libri sul Mahayana! E da lì si arriva pure qui: http://www.sanrin.it/ !! Direttamente da Lucio!

Ci si può poi cuocere il cervello passando di qua: http://www.michaelbach.de/ot/mot_adapt/index.html

Buona cucina,

lunedì, giugno 19, 2006

Lucid dreaming


Il sogno lucido è semplicemente il sogno nel quale si diviene consapevoli di stare sognando.
Scrivo questo perché proprio l’altra notte mi è capitato il più lucido e cosciente sogno della mia vita (stupore…) .

Questa è solo una personale introduzione all’argomento, potrei anche prima o poi descrivere il sogno, mi ha aperto delle porte che non pensavo nemmeno esistessero (incredulità…) .

Ho scoperto i sogni lucidi leggendo i magici libri del Castaneda vari anni fa (li ho letti tutti, evviva il fanatismo…). E’ stata un’esperienza straordinaria. Incredibile immaginare che i sogni si possano gestire, comandare, vivere consapevolmente quasi fossero un’altra vita. Faccio una breve introduzione al sogno lucido. E vi garantisco, è tutto vero, non è fantascienza, ho provato tutto sulla mia pelle. Solo, non bisogna avere fretta.
Per un po’ di bibliografia, vi consiglio di leggere “L’arte di sognare” di Carlos Castaneda, una pietra miliare. Oddio, è romanzato, almeno credo, ma la cosa incredibile è che le sue tecniche, almeno quelle che ho provato sulla mia pelle, funzionano. Quindi perché porsi il dilemma che si pone ogni lettore non lobotomizzato di Carlos: -Sarà vero o sarà tutta invenzione?-.

In fondo i suoi libri spingono nell’unica direzione che amo, ovvero la ricerca della libertà personale. E non c’è nulla che fa sentire più liberi della capacità di gestire a piacimento il corpo di sogno.
No, non sono alla quindicesima canna. Per corpo di sogno intendo il nostro corpo, quello che ci sentiamo addosso nei sogni.. Non vi è mai capitato di sentirvi impacciati a muovervi nel sogno, a correre, a parlare, come se il corpo non vi appartenesse? Bene, è solo questione di abitudine, di pratica, di volontà, come tutto nella vita. Lo chiamo imparare a gestire il corpo di sogno, nessuna pratica magica, nessun fricchettonismo new-age: solo una potenzialità in più.

Come sitografia, si può leggere in inglese il sito del Lucidity Institute, a Stanford, http://www.lucidity.com/, dove addirittura emeriti professori fanno ricerche sui sogni lucidi. Hanno persino inventato un aggeggio, il NovaDreamer, in grado mentre si sogna di mandare dei lampi di luce, i quali vengono percepiti dal dormiente, che vedendoli realizza di trovarsi in sogno, comprendendo così che è il momento di divenirne consapevole e di provare a gestirlo.

E qui uno dei punti fondamentali.

So per certo ora che una parte di attenzione viene trasmessa dalla consapevolezza normale, quotidiana, a quella del sogno. Se io penso –stanotte nel sogno se vedo un lampo di luce devo comprendere che sto sognando- e lo penso una, due, venti volte, magari non stanotte, non domani notte, ma prima o poi questa informazione passa dalla coscienza normale alla indisciplinata coscienza del corpo di sogno. Allo stesso modo, se io voglio voglio voglio sognare una certa persona, un certo luogo, o solamente avere un sogno lucido posso stare sicuro che la o lo vedrò o vivrò un sogno lucido. Sperimentato sulla mia pelle, e sulla pelle di gente che conosco molto bene.

C’è anche un sito italiano che ho trovato il quale sembra interessante, si chiama http://www.sognilucidi.it/portale/ , sembra ben fatto ma non garantisco, l’ho trovato da poco. Ho sempre paura di quella derive new-age filo-superstiziose che invece di donare libertà ne tolgono, portando sulla tortuosa strada in discesa del fanatismo. (ehi ma tu...)
C’è anche una pagina di wiki in inglese, http://en.wikipedia.org/wiki/Lucid_dream , ed una un po’ meno esaustiva in italiano http://it.wikipedia.org/wiki/Sogni_lucidi .

Le cose che più mi piacerebbe riuscire a compiere sognando lucidamente nel futuro sono, e qui è vietato ridere: -trovarmi in sogno mentre dormo nel mio letto
-cercare determinate persone nel sogno, e vedere se è possibile o fantascientifico il cercarsi reciprocamente in sogno (sembra possibile da alcune ricerche di lucidity)
-(qui si va nel fantastico vero e proprio) provare in sogno a modificare oggetti nella realtà (lo so non ci credo neanche io, ma perché non provare? E se Castaneda avesse ragione?)

Tra l’altro, anche nel buddismo Vajrayana a quanto mi risulta vengono utilizzate tecniche di sogno lucido, e questo aumenta ancora la mia curiosità, anche se da buon estimatore di zen non credo in tecniche particolari per raggiungere l’illuminazione, anzi come dice Dogen, forse non c’è nemmeno illuminazione.

Al buon lettore..

lunedì, giugno 12, 2006

Reclaim the streets 2006!




E’ una tranquilla sera di mezza estate quando, armato del giusto spirito sovversivo, passo a prendere Lele a Mondovì. La destinazione è un luogo semisconosciuto di Torino. Partiamo, belli e dannati. Stasera si fa la rivoluzione. E noi non mancheremo.
Il primo inconveniente istituzionale viene oramai a Torino, in una tappa intermedia per prendere due amici rivoluzionari. Uno arriva, l’altro tarda. Lo precede la polizia.
-Documenti- e si chiudono dentro.
Il nostro antagonismo sale.

Intanto perdono cinque minuti dietro quel pezzo di carta che ci identifica e di etichetta agli occhi dello Stato proteiforme che tutto permea e che sguinzaglia i suoi mastini per fare sì che l’ordine venga tristemente e rigidamente rispettato anche a scapito della felicità, pezzo di carta rappresentato in quella sede dalla carta di identità del Lele, sfogliata con occhi assatanati dalle tute nero-blu manco fosse una rivista porno..

E il nostro antagonismo sale ancora.

-Dove andate ragazzi?-
-Mah, pensavamo di fare una capatina ad un raduno di arrampicata sui palazzi, ovviamente abusivo, per riprenderci le strade e la nostra libertà!-
..mi balena in testa, ma: -Niente, aspettiamo un nostro amico di Torino, per uscire un po’-
-Dove?-
-Eccheccazzovenefrega?- ma ancora mi trattengo
-Murazzi- dico, con aria fragile.
(le risate..)
-Buona serata, ragazzi, e fate attenzione giù ai Murazzi-

E si va, accontentandosi di fare la figura dei tre barotti cuneesi in cerca di divertimento facile nella grande città, vestiti di cenci da montanari. Meno male che non hanno visto i crash pad.

Ora siamo pronti all’atto sovversivo.

Quanti saremo? 100? 150? 200?
In un attimo siamo attaccati a giochi per bambini, cartelloni per la pubblicità, muri cadenti ed addirittura fontane. Divertente, sì, divertente, e curata l’organizzazione, con mappa dei blocchi (tantissimi, impossibile provarli tutti in due ore), maglietta, informazioni accurate..
Forse è un po’ dispersivo, ma in fondo che si vuole, più ordine? Ma per piacere… Da ricordare il cartellone di quattro metri e mezzo, il lancio storto alla finestra, la rimonta del tubo del gas, il lancio impossibile sullo spigolo dove ho lasciato due etti di pelle con le dita a perdere nei fori dei mattoni.
Tre i settori, tantissimi i passaggi, bell’entusiasmo generale. In giro per le strade di Torino con i crash, chi l’avrebbe mai detto?
La finale è il punto d’incontro, di aggregazione di questa massa pulsante, ed anche se io appena la vedo mi metto le mani nei capelli (aaaarrggghhh.. una placca!) abbiamo la sorridente Anita Manachino che la toppa per prima, portando a casa la prima vittoria ad uno SBC di una donna. Finalmente un po’ di vero potere al femminile! Emma Goldman sarebbe contenta.

Tutti acclamano, la serata SBC finisce al pub, mentre io ed il compare inforchiamo la strada a pagamento col pedaggio che aumenta sempre di più alla faccia dei taxpayer, e torniamo sui nostri monti, così alle due e mezza davanti ad una birra sentiamo che è bello riprendersi la città, anche se la città non è nostra, noi non ci viviamo, rudi montanari quali siamo, e nonostante sulle rocce nude e dure siamo più felici forse questo è un bel momento, c'è un vero movimento, tutti insieme a scalare due muri con sopra scritte sovversive, sperando che il nostro ego non crei ulteriori gerarchie, anche all’interno del nostro spazio dedicato al divertimento.
Il bello è stato essere là, tutti uguali davanti ad un muro, ad urlare non slogan –anche se un po’ mi sarebbe piaciuto-, ma solo incitazioni, per poi buttarsi a provare, il tutto con un minimo comune denominatore da favola, l’arrampicata.
Che per definizione è anarchica, e le regole le scegli come vuoi.

jerome