giovedì, maggio 17, 2007

Generi di consumo

Dal capitolo 18 del tomo che sto scrivendo, ancora senza titolo..


-E’ forse troppo bello e troppo facile rimanere intrappolati nelle nostre esistenze ricorsive, senza rendersi conto che sono a tutti gli effetti circolari. Immaginatevela come un vortice, un pozzo. Ogni particella gira circolarmente verso l’interno, sempre più verso l’interno, sempre più, fino a raggiungere il centro e scomparire. Ovviamente, si ignora il fatto che scompariremo presto al centro del pozzo, ma si guarda tutto ciò che ruota con noi e lo si vede fermo. Potere dei sistemi di riferimento. Sì, il samsara è su questa terra ragazzi. E’ questa terra. Semplice come l’acqua che scorre-

Fa un gesto con la mano, accompagnando via il pensiero. Laurent è fuori che fuma.

-Se noi trattiamo tutto come un prodotto da consumare, anche noi verremo trattati come un genere di consumo. Fino a quando saremo produttivi, verremo consumati, sfruttati, usati per mantenere un qualcosa che sta sopra di noi, che non ci è dato conoscere. Gli si possono dare vari nomi, società, patria, ciò che vuole Dio. Il fatto sta che questo qualcosa è parassitario, fatto per lasciarci intrappolati nel vortice senza darci scampo di uscire-

Fa una piccola pausa, e trattiene un risolino.

-Strumenti nelle mani di Dio. Generi di consumo-

Si afferra con indice e pollice la sommità del naso, sfregandosi gli occhi. La sua espressione è quasi regale. Ha un qualcosa di non interpretabile. Di affascinante.

-Vi lascio andare, avete gradito il the?-

Parte un coro di sì certo. Era ottimo, quasi evanescente.

-Ho deciso di vivere in quest’eremo perché ho esaurito le mie energie per trascinare con me qualcuno. Ho deciso di correre da solo. Il mio contributo al tutto sta nel credere, e continuare a credere, che in fondo ad ogni uomo ci sia rispetto ed amore, capacità di vivere senza prevaricare altri uomini o tutto ciò che gli sta intorno. Il mio contributo è tenere acceso questo fuoco-

giovedì, maggio 10, 2007

Un lungo viaggio a tappe


Lunga pausa,
ma non per il pensiero che tra un'idea e l'altra è andato in un lungo loop elaborativo. Tra soli che tramontano ed idee che sbocciano, sovente già marcite dall'usura consumistica che contamina tutto l'incipiente, ci si può ritrovare in un vespaio di contraddizioni come in un torneo di lotta clandestina ambientato nientemeno che su di un orizzonte onirico.

Bene, questo è quello che può succedere, non quello che per forza o mero fatalismo deve accadere.

Capita quindi di cercare di elucubrare qualcosa sulle Temporary Autonomous Zone, o la versione cattiva di TAZ, se non si ha idea di cosa siano si può leggere qua:

http://www.hermetic.com/bey/taz_cont.html

in italiano qualcosina qua sulla recensione dell'ononimo libro di Bey:

http://www.shake.it/taz.html

Sì, il quesito è proprio questo: si può creare una società nella società? Quali sarebbero i requisiti necessari? Come può sopravvivere e a quali patti deve scendere con la società dei padroni?

Un anarchista soft e spirituale come un mio caro amico direbbe che è facilmente risolvibile e l'armonia si può creare, oltre che a patti bisogna scendere per sopravvivere, se no non se ne fa niente. Tanti libertari dissentirebbero: la rivoluzione ci deve essere e come. Mah..

Non basta che tentare. Intanto posto in testa al post una mia elaborazione fotografica, una sorta di immagino-visione, col solo involontario difetto di essere statica..

dje..