lunedì, ottobre 30, 2006

Modelli di schiavitù - Parte seconda



“Ci sarà in una delle prossime generazioni un metodo farmacologico per far amare alle persone la loro condizione di servi e quindi produrre dittature, come dire, senza lacrime; una sorta di campo di concentramento indolore per intere società in cui le persone saranno private di fatto delle loro libertà, ma ne saranno piuttosto felici”
Aldous Huxley

Visti i modelli di schiavitù presentati prendendo spunto dal buddismo Vajrayana nella prima parte, qualche parolina mi sento di metterla.

Almeno per quanto riguarda il fottutoventunesimosecolo.

La schiavitù presuppone un padrone. O dei padroni.
La schiavitù presuppone una catena.
Le armi più efficaci per tenere in schiavitù sono la propaganda e la creazione dei bisogni.

Si inseguono a vicenda, e si alimentano l’una dell’altra.
Per fortuna sono vecchio a sufficienza per avere potuto assistere ad un esempio eclatante di creazione dei bisogni: il telefono cellulare. Ne ho visto l’evoluzione, da gadget esclusivo di lavoro, a gadget esclusivo e basta a bene di consumo indispensabile.

Indispensabile. Ecco la parola magica. Ci si preoccupa tanto della droga, della lotta alle dipendenze, quando tutto si sta tramutando in droga, mille nuove dipendenze sono nate e stanno nascendo. Domanda: perché accanirsi così tanto e sempre più contro le droghe, almeno con quelle intese dall’accezione comune, perché è importante il proibizionismo?
Risposta: perché le dipendenze le vogliono decidere loro.

Ma loro chi?
Chi sono i padroni?
Mille parole sono state dette a proposito, non sarò io a dirne mille di più. La caccia è aperta a chiunque voglia cacciare, a suo rischio e pericolo.
E’ Davide che dà la caccia a Golia, ma prima deve rendersi conto che Golia è dentro di lui.
Il mio suggerimento sulla questione è che il sistema si autoalimenti, come fosse stato creato un qualcosa di indipendente, un essere vivo ed intelligente. Un meccanismo per produrre schiavi. Alla base però non ci sono robot, ma uomini. Si è creata l’idea nella maggior parte delle menti di operare per una giusta causa, per una società, per la migliore delle società. Ognuno contribuisce a creare le catene per gli altri, senza rendersi conto che sta obbedendo alla sua.
Il senso del dovere e la voglia di scalare questo grande gioco, per arrivare sempre più in alto sono sufficienti. Perpetrate in milioni di menti, creano un sistema autorigenerante.
Che poi ci sia qualcuno al vertice della piramide, questo..

Ma eccomi al punto.
I modelli di schiavitù sono il ruolo che andiamo ad occupare, il posto in cui ci andiamo a sedere nel cinema globale. Non sempre, come ben si sa, il posto lo scegliamo, molto più spesso scegliamo tra i rimanenti.

Le schiavitù psicologiche insorgono perché noi siamo esseri liberi, e quindi inadatti al ruolo di schiavi.

Possiamo avere un ruolo di prima fila, il ruolo degli dei, oppure essere in alto ma temere di essere insidiati, possiamo avere un posto piacevole ma invidiandone altri.
Possiamo correre senza senso non fermandoci mai a domandarci il perché, possiamo avere un ruolo che non ci aggrada e nutrirci di desideri, possiamo infine essere frustrati dal nostro basso profilo ed essere saturi di rabbia.

Ed ecco qua le sei sfere samsariche. I nostri sei seggi da schiavi.

Ma io continuo a ripetermi che noi siamo esseri liberi, e quindi inadatti a questi ruoli..

venerdì, ottobre 20, 2006

Modelli di schiavitù. - Parte prima


Mi è capitato di recente di riflettere sui modelli di schiavitù contemporanei.
Tradotto: giochiamo a capire “come sono schiavo io, e come sei schiavo tu!!”

Una importante schematizzazione, sorprendentemente attuale, viene dal buddismo Vajrahyana, quando si parla delle sei sfere di distrazione samsariche, ovvero i sei tipi di esistenze soggette a condizionamento.
Tradotto: i sei tipi di schiavitù.

Ora, non sono molto avvezzo ed affezionato alle classificazioni, o altrimenti credo che siano un modo come un altro per “spaccare un continuo”, ma il fatto che questa scala abbia qualche migliaio di anni mi fa perlomeno riflettere.

Paradigma 1: Il dio.
L’assorbimento in sé stessi. La riuscita completa o quasi completa di alcuni obiettivi, il successo quindi, in un certo qual ambito, o l’assorbimento completo nella ricerca dell’apoteosi causa una “trance egoica”, ovvero si diventa l’obiettivo stesso, o la corsa verso di esso. La caduta è sempre rovinosa.

Paradigma 2: Il dio “preso male”.
La corsa verso il raggiungimento di un obiettivo è continua, senza sosta, ed ogni interferenza esterna viene interpretata come dannosa o potenzialmente dannosa. La paranoia e la preoccupazione ne sono caratteristiche fondamentali. La caduta è sempre in agguato.

Paradigma 3: L’uomo e la sua invidia.
Una persona si identifica con uno stile di vita, con ciò che è suo e ciò che non è suo. Il suo materialismo diventa il suo mondo. Si guarda molto attorno, ed è costantemente in una condizione di “invidia” verso chi è simile e lui, ma meglio di lui, secondo il suo modello estetico. Piccole grandi cadute si alternano a momenti di pausa.

Paradigma 4: La corsa senza senso dell’animale.
Mi dispiace utilizzare il termine “animale” con un’accezione negativa, ma riprendo il lessico della classificazione originale. Un’attività continua, che si autoalimenta ed autogiustifica, portata all’estremo, in una corsa folle senza meta, senza scambio o confronto con gli altri, senza senso dell’umorismo o pause di riflessione, schiacciando e calpestando quando necessario.

Paradigma5: Il consumatore di desideri.
Desideri si susseguono ad altri desideri, senza mai raggiungere un’emancipazione. Più sono gli ostacoli, più aumenta l’insoddisfazione. Ma addirittura più sono gli ottenimenti, più saranno i futuri desideri e le conseguenti frustrazioni.

Paradigma 6: Lo spirito aggressivo.
L’aggressività è continua, senza sosta. La rabbia è cieca, la frustrazione e l’insoddisfazione compagne di viaggio. Non c’è tempo per i successi, in quanto l’aggressività si nutre di sé stessa.

Dunque, lo so che raccontato così sembra l’oroscopo, ma è una schematizzazione non da sottovalutare.
Il perché è sotto gli occhi di tutti, ma è più facile correre che fermarsi, soprattutto quando ce lo insegnano ancora prima di venire al mondo.
Presto i modelli di schiavitù seconda parte..
Collezionali tutti!

martedì, ottobre 10, 2006

Intervista al maestro Ching


Intervistatore: Onesto, ovvero non c'è bisogno di spiegare..

Q: Ammazzeresti una mosca? un gatto? una persona? Perché i vegetali si?
Volevo capire quando la vita diventa valevole di essere preservata...

La vita è sempre importante, senza distinzioni. Per rendere più concreta questa mia definizione, e prendere le distanze dallo stesso tipo di risposta che penso darebbe anche Ruini, entro nello specifico, invocando il concetto di invasività.
Ovvero agisco in modo che la mia esistenza sia il meno invasiva possibile. Questo nei confronti delle altre persone, degli animali, dei vegetali, di tutto l’esistente. La scelta di non nutrirsi di animali è una scelta che minimizza l’invasività, tutto qui. Anche nutrendoci dell’animale finiamo per nutrirci indirettamente anche del vegetale che ha nutrito l’animale. Diminuendo anche il rendimento della catena. Alla prima domanda la risposta è no, non ammazzerei, anche se con le mosche raramente capita (e le zanzare, per dio..). E una pretesa di coerenza personale fa sì che io non deleghi l’onere di ammazzare a qualcun altro, dato che io non ne ho la forza, se forza la si vuol chiamare. Se poi si trattasse di sopravvivenza, potrei essere costretto a farlo, ma tra la sopravvivenza e la comune opulenza passa un oceano.

Q: L'appellativo Maestro se lo si autoimpone o viene imposto?

L’appellativo Maestro deriva da “grande”, o “più grande”, quindi non ha senso riferito a me. Ma, riprendendo lo schema del Sutra del Diamante e riferendolo ad un essere illuminato, proprio perché non esiste un Maestro, egli può essere chiamato Maestro.

Q: Nei quartieri dove il sole del buon dio non da i suoi raggi della città
vecchia, come dovrebbero comportarsi le persone? Aborri la violenza, ne hai
paura? Esiste una causa per cui la violenza è adeguata?

Violenza è quella alla quale sono sottoposte le masse, in particolare dei paesi poveri, ogni santo giorno. Ma anche la libertà di ognuno di noi è violentata quotidianamente da regole e regole, la maggior parte senza senso alcuno. Sono fermamente convinto che più aumenta la consapevolezza, più diminuiscono i bisogni e la tolleranza alle regole. Parafrasando Malatesta, l’uomo è abituato a vivere in ceppi, ed a forza di convivere con essi vi si affeziona, fino al punto di credere che siano proprio loro a garantirgli la sopravvivenza.
La violenza come ribellione degli oppressi può essere un concetto affascinante, ma non credo sia la soluzione. Credo innanzitutto sia necessaria una maggiore consapevolezza. La prima tattica per ridurre in schiavitù è inebetire, togliere la capacità di informarsi, di capire, e questo è il primo muro da abbattere perché il sole torni su tutta la città.

Q: Credi nello spirito o nella spiritualità? Se si, esso/a si manifesta in
un qualcosa di tangibile? Pensi che la capacità di astrarre dell'uomo (o
comunque le sue capacità di pensiero) sia in relazione con esso?

No. Semplicemente perché non distinguo tra il materiale e lo spirituale. Astrarre significa dividere, bene penso ora sia il momento di unire.
E’ facile rifugiarsi nello spirito, pensare, astrarre, intelligere, e può essere un modo per affrontare od allontanare la paura della morte. Ma la vera sfida è trovare la propria spiritualità mangiando, guidando, lavando i piatti.


Q: Come ti comporti quando i rapporti di stampo sociale indotti dalle
proprie occupazioni lavorative (ma non solo) ti portano a contatto con
individui senza cervello?

Qualcuno afferma che ci sia da imparare da tutti. Qualcuno afferma che non ci sia nulla da imparare.
In ogni caso, prima di perdersi in elucubrazioni sulle perpetrazioni karmiche dico che l’ironia è un’ottima arma, specie quando parliamo con chi non ha voglia di ascoltare, o con chi ha voglia di parlare e basta, o peggio ha voglia di insegnare.


Q: Consideri la tua condizione di "intellettuale" una condizione superiore
o come Einstein rinascendo vorresti fare l'idraulico?

Semplicemente bandisco la definizione di “superiore” o “inferiore” dal mio vocabolario, in quanto sottintende una visione gerarchica.
Mi rifugio nei termini “differenza” ed “opportunità”.

Q: Quali sono gli individui passati e futuri da cui trai ispirazione?

Traggo ispirazione da tutti i ribelli, da coloro che non agiscono sottostando alla legge di guadagno e di perdita, da coloro che si interrogano sull’utilità delle regole e del controllo ad esse associato.

Q: Non ti viene mai voglia di piangere?

Talvolta l’empatia fa brutti scherzi, e sì, può capitare di piangere.

Q: Lo sai che su google risulta la mia intervista al 5o
posto? http://www.google.it/search?hl=it&q=intervista+onesto&meta=&btnG=Cerca+con+Google

Prima che arrivi la censura… (ndr è arrivata, in un qualche modo..)

Q: Ti alzi la mattina per qualche motivo particolare? vorresti dormire?

Mi alzo perché non ho più sonno, perché sono cosciente che questa è la vita che vivo, ed in un qualche modo va affrontata. Una persona può accettare di vivere in un sistema con determinate regole, vuoi perché non ha la forza di cambiarle, vuoi perché le condivide. Io non ne condivido la maggior parte, ma la strada per il cambiamento è in salita e costellata di ostacoli, e la prima libertà è quella che scaturisce dalla volontà personale.

Q: Credi nei rapporti fra persone "eterni"? intesi sia in senso
sentimental-sessuale che affettivo/empatico/amichevole...

L’eternità presuppone un concetto di tempo, ma qualcuno ci mostra che il tempo è determinato dai cambiamenti. E’ inutile opporsi ai cambiamenti, perché non c’è nulla che non muti.
Ciò non vuol dire che la temporaneità svilisca le cose, anzi a mio avviso le impreziosisce. La pretesa dell’eternità sottintende quasi sempre un attaccamento viscerale, ed una conseguente paura della morte.
Un mio amico direbbe, “prima o poi anche le tette al silicone della Palmas inizieranno a cadere..”

martedì, ottobre 03, 2006

emmedivi2006 (il movimento)


Le cose si possono rileggere in due modi: con le emozioni e con i numeri.

Con i numeri si può dire che c’erano circa 300 (trecento sì, da venir matti) partecipanti, primo Chris davanti a Gabri, Alberto e Paolo, mentre tra le donne Stellina si è portata a casa il gruzzolo, con dietro Elena, Claudia e Giò (non vorrei sbagliarmi). Si può dire che c’è stata una miriade di top, tanto da finire i bigliettini, un macello di prese girate su quei c*zzo di parquet (bellissimi, peraltro, non me ne voglia l’Alpina), chissà quante decine di bordi non consentiti brincati dai furboni (ma chissenefrega in fondo, mai mi metterò a fare il birro, per dirla alla Malatesta), e in ultimo ma non in ultimo i molti infortuni, perché anche questi non vanno dimenticati, tra cui le due fratture (Rosy, Barbara, mi dispiace veramente veramente tanto) e le sette e otto distorsioni ed affini.

Con le emozioni però si può dire molto di più, anche se è molto più difficile comunicare.
Quella di Chris che guanta il top della superfinale, tra le urla del pubblico e salendola in un modo mostruoso, dopo avere sbandierato su due merde (e c’è da fidarsi, erano veramente due merdine), e che poi con la gioia di un ragazzino lancia alla folla il sacchetto della magnesite da lassù.. beh chris, meno male che ci sei!

Poi il Docc che salta ubriaco di qua e di là, che centra un palo mentre camminiamo, che bacia il Gabri alla premiazione, che ci prova con le dolci fanciulle che gli capitano sotto tiro, e poi il Motta che sempre sorridente ed efficientissimo dà la prova di quanto si avvicini all’essere un bodhisattva, e che dire del piede scivolato in finale al Leoncini, c*zzo Paolo che sfiga, nessuno ha capito perché, poi il Nardi -detto Edoarzio- che dimostra di avere una tecnica ed una pazienza impareggiabili, anche con i figli, oltre a tenersi di brutto (bisogna vedere come lui aveva immaginato e salito la superfinale in fase di tracciatura), il fine gara attaccati alla damigiana mentre io cercavo i fondi di polenta, per poi morire arenati come le balene a bere con la congrega del santo alcool monregalese, di cui il bonelli, il Turco, il Borgna, Axel, Kledi e tanti altri.
La mia prima grossa esperienza di tracciatura è stata una figata, che dire..
Ed un grazie vero ai due più grossi cuori del parterre, il Lollo ed il Luis, che mentre tutti magnavano ci hanno aiutati a smontare i blocchi ed a montare le finali.

Tutte cose che con i numeri non si possono descrivere, piccole cose forse, ma non sono quelle che ci fanno più sorridere, e commuovere se è il caso, e prendere bene in generale?

Vabbé, le classifiche e gli altri numeri le lascio ai siti specializzati (anche se segnalo che il grande Gian è arrivato dodicesimo!!).

Tra le piccole note stonate, oltre ai quattro furboni prendi bigliettini, il fatto che non sono stato citato manco di striscio nei report ufficiali, ma me ne frega relativamente, la gloria è una merda solo andata, ed infine la gente che chiama i birri alle undici e mezza per il concerto, la nota malinconica ci vuole sempre in fondo, meno male che abbiamo imparato a sbattercene..

Tutto il resto è da archiviare.