
Mi vennero in mente le onde del mare, infaticabili, i porticcioli delle Cinque Terre, il colore del tramonto sul soffitto increspato dell’acqua. L’odore della salsedine.
-Mah.. scusa se mi permetto, e cosa hai fatto per otto anni in India?-
-Non molto a dire la verità. Ho girato, ho studiato nei monasteri. Ho preso tempo per riflettere-
-E come hai fatto a sopravvivere, cioè sai otto anni sono lunghi, non hai dovuto lavorare un po’?-
-Basta poco, laggiù. Non ti immagini quanto poco basti per sopravvivere. Non voglio assolutamente criticare nulla, ma con il prezzo di un giorno in un hotel a cinque stelle sopravvivono dieci monaci per un mese. E non sopravvivono, vivono..-
Gli occhi della bionda trasudavano stupore. Avevo scosso le fondamenta del suo pensiero. Era seduta accanto ad un altro mondo, e non le pareva nemmeno troppo lontano.
-Pensi di tornarci? Di tornare in India?-
Era loquace. Bella e loquace. Mancava poco all’atterraggio. Era un tardo pomeriggio pieno di sole e di voglia di vivere.
-No, non penso. Dio, non posso saperlo, ora. Ma tenterò di stare in Italia. Non so cosa mi attenda. Devo incontrare alcuni amici, poi vedrò-
L’annuncio tuonò di allacciare le cinture. La scollatura le cinse il seno, che cercò la libertà in ogni direzione possibile.
Mappo stava tornando in Italia.
-Tu dove vivi in Italia?- Avvicino le due sfere della conversazione.
Forse la gente ignora quanto uno sguardo sia uno scambio intenso tra due persone. Guardare negli occhi ti può buttare nei recessi più intimi di una persona. Ti può catapultare laddove nascono i pensieri e le parole. Ti possono far capire le sensazioni che prova chi ti osserva. Se mente. Se ha paura di te. Se ti ama. Se prova fastidio. Se ha voglia di andare via. Se sta pensando ad altro. Non sono lo specchio dell’anima. Sono la radice del nostro schema interpretativo verso il mondo. La nostra mitragliatrice. Il nostro giubbotto antiproiettile.
-Io? Vivo a Milano? Città carissima, caos, ma non mi ci trovo male. Ormai mi ci sono abituata. Troverai molte cose cambiate in Italia, dopo otto anni. La situazione economica non è rosea, ci sono molti problemi in più. Guarda, un vero casino-
-Dai, noi italiani abbiamo sempre avuto il vizio di lamentarci-
- E’ vero, ma la mia impressione è che ora veramente qualcosa sia cambiato. La povertà esiste, ed è sempre più davanti ai nostri occhi. Anche quella nascosta, quella che ci fa scegliere solo i prodotti più economici al supermercato-
-Avrò il tempo di vedere tutto di persona, spero-
Lo sguardo di Ilaria era perso nel vuoto, tra il suo mondo interiore e le mani di Mappo, che gesticolavano con calma. Gli occhi sgranati coprivano i metri davanti a lei, saltavano giù dall’aereo e tornavano in India, quell’India che lei non aveva potuto visitare, persa in un mondo parallelo di hotel a cinque stelle.
-Ma ti piace il tuo lavoro, Ilaria? Non ti stanca?-
-Mi piace, mi piace molto. Posso viaggiare, avere un ruolo di responsabilità, che comunque mi sono sudata. Poi sì, in certi ambienti in effetti c’è troppa formalità, e questo mi stufa. Non penso però di essere cambiata, sono sempre io, diretta semplice capisci? Certo a te suona strano, non mi hai mai conosciuta prima, però ne sono convinta. Solo bisogna adattarsi per lavorare, cambiare almeno la facciata di noi stessi. Non si può cambiare il resto, quindi bisogna fingere di cambiare noi..-
-Già, non si può cambiare il resto…- Mappo sorrise con disillusione, con un occhio fuori dal finestrino.
-Poi adesso, si sta spostando tutto quanto verso l’Oriente, tocca viaggiare per lavorare. Là la manodopera costa meno, tutto costa meno-
-Ma non ti fa pensare questo? Ho visto ragazzini lavorare in scantinati sporchi di Delhi, convinti che la vita sia quella e solo quella, con gli occhi intasati di sofferenza e di stanchezza. Per una miseria..-
-Lo so lo so è uno schifo.. Ma è un qualcosa di più grande di noi, che cosa si può fare. Anche noi, per quanto fortunati, siamo ingranaggi-
L’aereo atterrò con calma. Le tette della bionda oscillarono come budini. Lei per un attimo pensò a bambini vestiti di stracci che lavoravano sporchi in una stanzaccia di Delhi. Si scambiarono le rispettive email.
Mappo vedeva il congegno dinanzi ai suoi occhi, con i pezzi che schiacciavano e quelli che venivano schiacciati. Una regola fondamentale riguardo a due materiali che sfregano, o due ingranaggi che scorrono uno sull’altro è che non devono essere fatti dello stesso materiale. Uno dei due deve essere più debole. E se ne faranno tanti pezzi di ricambio.
Pensò ad una coda. Non la coda di un animale, ma una luna coda d’auto. Non si forma perché uno è particolarmente lento. Quando era piccino ed era in macchina con i suoi genitori nel bel mezzo di una coda finiva puntualmente per arrabbiarsi con un fantomatico signore grasso e pidocchioso e con gli occhiali, che rallentava tutti gli altri.In realtà però tutti contribuiscono a formare una coda, chi più chi meno. Non c’è nessuno da accusare in particolare, ma il problema c’è. Sussiste.