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Mi capita spesso col mio lavoro di riflettere sul dolore che provano gli alberi. Li taglio, li toso, talvolta mi tocca pure ammazzarli. Ma mi fa più paura il dolore degli uomini, e quello degli animali. Forse per affinità di specie. Difatti sono vegetariano, non riesco a mangiare delle bestie che devono avere urlato, sofferto, o che sono cresciute solo per essere mangiate da noi, ma che vita è? Per riempirmi la pancia di proteine animali indigeribili e cagare marcio e a fatica. Preferisco i vegetali. Ho sempre avuto problemi di stitichezza, ma non più da quando ne mangio a quintalate. Di verdura.
Marcuzzo è una testa di minchia, ma la testa di minchia a cui sono più affezionato; siamo cresciuti assieme, ma dopo le superiori io ho mollato tutto per scappare sulle piante mentre lui si è laureato, sposato con una stronza, divorziato dalla stronza, cambiato di lavoro e di abito più di una volta fino a quando si è ritrovato a guadagnare fior di dollaroni gestendo un agriturismo, assaggiando vino e dicendo stronzate sull'aroma che ricorda l'orchidea degli Urali, nonché infilzando la gente secondo pratiche sadomaso cinesi del tremila avanti Cristo. Certa gente ha proprio culo. Beh, forse con le donne lui non ne ha mai avuto molto.
Troppo buono. Troppo buono con l’altro sesso, quindi destinato a soffrire. Affascinante sì, e quasi onnisciente -tanto da essere soprannominato “mister Sotutto” da noi suoi amici-, ma ingenuo con le creature femminili, una carta moschicida per le stronze. Un matrimonio e cinque o sei storie lunghe fallite, ma tutto il resto del mondo nel palmo della mano. E’ una di quelle persone che non guardano la realtà dall’esterno, il tempo scorrere, ma ne cambiano il flusso, riuscendo a fare quello che desiderano.
Io e lui, Marcuzzo e Luca, amici da una vita, amici per la vita. Potremmo tenere un diario l’uno dell’altro, con annotate su tutte le bevute, le feste, le donne, i deliri mistici, le soddisfazioni esistenziali.
Io che parlo con gli alberi, lui con le stangone da televisione che vanno da lui a farsi pungere la schiena alla ricerca della forma perfetta, della chiappa più soda, del calciatore più pieno di soldi.
Mi infuriai con lui, la sera dopo il mio delirio. Con lui e con tutti gli altri, Gianni, Onesto, Nespola, la Diva, i soliti del sabato sera. Bisogna immolarsi in qualche modo, il sabato sera. Immolare la nostra giovinezza al divertimento. Ma sacrificare così un amico, e farlo risvegliare sul bordo di una strada provinciale –cazzo all’inizio non capivo nemmeno quale strada fosse, mi sentivo in un incubo- derubato di tutto, pure della sua identità, già vacillante peraltro.. Stavolta avevano esagerato.
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paolo