
Un giorno chiamai Sandro, il mio amico più caro. -Sai- gli dissi. -Forse mi piace Barbara-.
Nel giro di due settimane lasciai fidanzata e lavoro, e mi ritrovai su di un autobus stracarico da Delhi per Dharamsala, ai piedi della catena dell'Himalaya, in mezzo a trekker, pellegrini buddisti, volontari ed alpinisti.
Barbara era sempre stata la mia migliore amica, sin dai tempi delle scuole medie. Avevo passato anni ed anni con lei al mio fianco, sempre pronta a raccogliere le mie confidenze, ed io le sue. Anche l'università non ci aveva allontanati, pur avendo compiuto due scelte differenti non ci eravamo mai persi di vista, addirittura per un periodo avevamo condiviso un bilocale, studiando nella stessa città. Ricordo le mille cene assieme, parlando di storie d'amore, di filosofia, di politica ed attualità, tra bicchieri di vino rosso e reminescenze del passato.
Il sole che inondava la mia stanza al mattino, io che mi alzavo e facevo yoga, la porta della sua stanza da cui usciva lei, sonnecchiante, che metteva a scaldare l'acqua per il the, guardandomi come per dire -ma chi te lo fa fare di autoinfliggermi tanta sofferenza-. Non capiva che quella per me non era sofferenza, ma una sorta di purificazione dai demoni interiori che mi perseguitavano, e l'unica possibile. E che solo ora forse mi permettevano di riconoscere la verità. Già, perché l'amore non è solamente folgorazione, vortice di passioni, poi litigi e sofferenza, ma è anche l'avere una ragazza vicina a te così, anni ed anni, come amica più cara, vederla in tutina con gli occhi addormentati che ti sorride tutte le mattine appena alzata prima di andare in università, ascoltarla mentre ti esprime, se è il caso, una forte e sincera disapprovazione verso ciò che fai, averla accanto che ti sorregge la testa mentre sei ubriaco, oppure che ti cerca anche solo così, per parlare di qualche stupidaggine che le è accaduta, perché il tuo parere per lei è importante. Fino a capire che quello si chiama amore, e comprenderne la straordinaria forza solo quando quella ragazza non c'è più, è andata via, e nessuno sa quando tornerà, e se tornerà.
Il mio fidanzamento, il mio lavoro come recruiter, e la mia vita sempre alla ricerca di qualcosa di intimo e spirituale, mai riuscito a focalizzare, scavando avidamente dentro di me nel mio poco tempo libero. E Barbara, con la quale trovarmi ogni tanto per esprimerle il mio disagio, per sentirmi dire, con la sua purezza quasi puerile -ma se la tua vita non ti va, perché non cambi? Comincia dalle cose che terresti-. Avrei tenuto lo yoga, ed avrei tenuto lei, sempre al mio fianco, anche se distante chilometri e chilometri.
Poi quel giorno, in riva al fiume -Sai, ho preso una decisione. Partirò per l'India, voglio fare un'esperienza nuova, per la vita. Lavorerò in una ONG per almeno due anni, dovrei partire per Dharamsala tra un mese circa. Sai, Dharamsala? La sede del governo tibetano in esilio.. Volevo dirtelo, così..- Io che caddi dalle nuvole, lei sì, aveva avuto il coraggio che io avevo sempre cercato. -Cercano altra gente, giovane, motivata, beh io ho pensato.. ho pensato a te.. mi parli di cambiare vita, no? Sai, mi piacerebbe che venissi con me, che ci fossi tu, con me, in questa cosa. Noi due, come sempre.. Ma lo so, lo so che hai la tua vita..-
Ed il mio rifiuto, sommesso, biascicato, con ancora quel poco di fiducia in quella vita che mi ero costruito in trent'anni, piena della mia indulgenza e delle promesse a me stesso, talvolta inutili e controproducenti. Non avrei potuto mai, non potevo.. Mollare tutto significava fallire.
O forse smetterla di fallire.
Perché l'amore una mattina mi venne a salvare, due giorni dopo che lei era partita, magari per sempre, portando in un bagaglio la nostra stupenda amicizia, i nostri sorrisi e le nostre sbronze. Mi disse -l'amore- che non era in realtà troppo tardi, che non c'era nulla di impossibile se non nella nostra mente, che era ora di lottare per non perdere ciò che di più bello mai mi fosse capitato. E per costruirmi una nuova vita.
L'ONG accettò, mi prese, per quanto avrei dovuto attendere un po' di tempo, ma non c'era tempo più bello di quello passato a sognarla, e risognarla, e sognarla ancora, vestita di due stracci etnici ad insegnare l'inglese in una stamberga di profughi, o a soccorrere chi aveva camminato troppo ed in solitudine sui piedi nudi. Pensarmi vicino a lei. Di nuovo. Senza dirle nulla.
Quel viaggio mi stava terrorizzando, non ero abituato a lunghi spostamenti, ma stavo ritrovando la quiete. Guardavo le montagne all'orizzonte, le più alte del mondo, calmissime ed iridescenti sotto il sole del mattino, mentre l'autobus si arrampicava su, sempre più su, e mi portava verso una nuova vita, verso di lei. Il pensiero di stringere le sue mani, di vederla nuovamente assonnata, potendola forse cingere tra le mie braccia, finalmente, e trovare la forza per una nuova giornata assieme. Una di un milione. Vivere ad una sola voce il dono dell'amore, dentro a noi due e fuori verso il mondo, teso ad illuminarlo completamente.
Non dimenticherò mai il momento più bello della mia vita, quando la vidi, stanca, stupenda e scarmigliata, in fondo a quel un cortile assolato, e poi si girò e lei vide me, rinnovando dentro il mio cuore il miracolo del suo sorriso, che un attimo dopo si sarebbe rigato delle lacrime più dolci.
Paolo - fine giugno 2005
1 commento:
Bravo, bravo.....
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